POLITICHE GIOVANILI

By | 4 gennaio 2014

Con questo documento vogliamo introdurvi al “senso” della nostra ricerca e lavoro sul territorio sul tema delle Politiche Giovanili. Esprime parte di una filosofia, sicuramente non è esaustivo. Se vi venisse voglia di condividere con noi parole, pensieri ed azioni, comunicatecelo ai nostri contatti.


Il costume educativo contemporaneo

La realtà civile attuale si presenta come egualitaria, democratica e fraterna. Potremmo definirla: “senza padri”. Pare finisca così la possibilità di pensare alla autorità e di conseguenza al ruolo del padre, e quindi, alla educazione e di conseguenza ai rapporti umani tutti. Il mondo giovanile vive in una società adulta che per rendere più accettabili i legami familiari li ha indeboliti. L’opera educativa che si realizza nel rapporto genitori/figli ha più a che fare con la produzione illimitata di cure che non alla costituzione di un soggetto responsabile capace di dedizione verso terzi. L’educazione ha come meta e come fine la costituzione di un soggetto libero, cioè capace di essere sociale. Capace di restituzione. Capace di responsabilità e di investimento a terzi. La famiglia contemporanea, invece, consuma tutte le sue energie all’interno. Genitori e figli collaborano a costituire un modello di educazione che promuove un’adolescenza “interminabile”. L’opera educativa è atta a produrre massimo godimento e cure illimitate, cancellando, quasi del tutto, la possibilità di investimento in affetti e in legami forti stabiliti con l’esterno.

La proposta educativa – L’iniziazione a termine

Ad un costume educativo che ha come caratteristica l’illimitatezza della cura e dell’accudimento, si può riproporre una idea forte di educazione che scommetta invece sull’iniziazione a termine.È una alternativa all’impostazione consumistica che fa della famiglia una realtà autoriferita tutta tesa a prolungare all’infinito il bisogno di crescita, e tutta concentrata sulla scena primaria dell’accudimento. Le politiche degli affetti servono per i legami fuori dalla famiglia. Servono per una migliore qualità umana del legame sociale complessivo. Una politica che riconosca sostanzialmente l’essere-sociale dell’uomo, sarebbe un concreto apporto contro la frustrazione dei genitori e offrirebbe nuova legittimazione alla vocazione genitoriale. Inoltre sarebbe la costituzione del percorso di maturazione del soggetto sociale, come obiettivo di una iniziazione a termine. Sarebbe un percorso che verifica le dotazioni esistenziali e le qualità etiche idonee all’assunzione di responsabilità che comprende la dignità civile della condivisone e della restituzione.

Le tre fasi dell’esistenza (e dell’educazione)

L’idea di fondo è che l’esistenza è innanzitutto data, offerta. Essa precede la coscienza e la possibile e doverosa decisione del soggetto. In altri termini: il soggetto è “capace” di decidersi per la vita solo se ha ricevuto e accolto il volto immediatamente buono della vita rappresentato dalla cura e dagli affetti primari.

L’infanzia (e la nascita) costituisce la fase iniziale della vita in cui il figlio esperimenta il momento “passivo”. Dalle cure dei genitori, evidentemente sempre in eccedenza, egli assapora la meraviglia dell’essere al mondo. E intuisce che l’esistenza è senza dubbio gravida di una promessa. Tutto gli è offerto gratuitamente, e in eccesso. Il suo compito, per ora, è di cogliere questo carattere buono e promettente del vivere.

La fanciullezza può essere definita la fase della vita in cui si deve imparare “l’obbedienza alla legge”. È l’età in cui si pratica effettivamente il modello di vita dei genitori (i modelli che essi propongono e che la comunità adulta propone). Il fanciullo è fedele ai modelli proposti. Così entra nella verità della legge e nella verità di tutte le cose. Perché si coglie la verità solo “facendola”. Nella pratica della legge, il fanciullo sente l’affidabilità del mondo. Deve realizzare il nesso tra i codici della vita sociale e la legge già iscritta nella vita attraverso la prima esperienza affettiva. Dalla famiglia il fanciullo inizia ad uscire. Dà avvio al suo essere sociale intraprendendo nuove relazioni (non più parentali). Deve poter continuare ad apprezzare la bontà del mondo al di là della famiglia e della sue relazioni. La possibilità di “giocarsi” nel mondo è legata alla facilità con cui riuscirà a trovare riferimenti saldi, simili a quelli instaurati nella trama dei rapporti parentali.

L’adolescenza è il tempo in cui la persona deve “disporre di sé”. Nell’attuazione sintetica del cammino tra affetti ricevuti e accolti e “obbedienza” alla legge. Occorre che ci si ri-prenda perché la verità iscritta nei primi due momenti della vita collabori a costituire il soggetto. La persona si determina perché vuole farlo, ma non senza il fatto che, ora, ha tutte le condizioni per poterlo fare. Ma i codici e le leggi apprese nella fanciullezza apparivano saldi e veri e praticabili. Ora appaiono incerti e sospetti. Inoltre la disposizione di sé è resa difficile dalla distanza tra le forme di socializzazione secondaria e la relazione con i genitori. Non disponendo di una identità certa, il ragazzo nella mimica tra pari cerca una sua identità. Ma la ricerca non è soddisfacente perché qui, nel mondo dei pari, non si trova ciò di cui il soggetto necessità in verità (in quanto a materiali profondi e radicali). Trova piuttosto superficialità e luoghi comuni. Proprio qui si dà realisticamente la possibilità di un’azione educativa realizzata da altri attori. Che non siano appunto i genitori (soltanto) e che non siano i pari (soltanto). La figura educativa di un adulto che non sia il genitore risulta decisiva per l’identificazione del soggetto adolescente. Inoltre la cultura pubblica incentiva le dinamiche adolescenziali. Basti pensare alla cultura del narcisismo: il soggetto “si cerca” piuttosto di spendersi; all’esperimento delle molteplici possibilità pratiche è affidato il compito di manifestare la via della vita persuasiva e la verifica è fatta con indicatori quali la qualità delle sensazioni o dei sentimenti vissuti a posteriori.

Applicazione pratica al progetto

Queste tre fasi sono legate ad altrettanti momenti della vita di ogni soggetto e risultano decisivi per la costituzione del soggetto sociale. Ma sono anche momenti che ogni soggetto rivive nell’età adulta. L’adolescente, come anche l’adulto, per potersi definire e per potersi decidere come soggetto deve poter costantemente ricevere cura e attenzione (fase “passiva” ed infantile della vita), e deve potere apprendere che ciò che riceve può restare in vita solo rispettando ed attuando determinate leggi e regole (fase della fanciullezza). Proprio per questo, si può concepire un progetto giovanile che nella sua struttura di fondo tenga in seria considerazione le dinamiche messe in atto da quella che possiamo definire “l’iniziazione a termine” che include in sé i tre momenti. E che si concepisce, in ultimo, come il cammino che deve condurre al “rito di passaggio” decisivo: dall’adolescenza all’età adulta. Concepire l’opera educativa come iniziazione alla vita adulta permette di poter verificare con una certa precisione se il soggetto ha acquisito e in che forma le dotazioni caratteristiche per essere capace di socialità e di responsabilità. L’iniziazione alla vita è una iniziazione alla vita sociale e pubblica. Il “prodotto” finale è appunto il soggetto responsabile, dedito a terzi e capace di restituire a terzi ciò che ha ricevuto. Proprio per questo il percorso educativo si pone un fine, un termine. L’educazione del soggetto adolescente “termina” quando il giovane acquisisce le caratteristiche del soggetto adulto ed è quindi capace di spendersi e di orientarsi nella vita. Non si è adulti quando si è del tutto autonomi (svincolati da ogni legame e distanti da tutto), ma quando si è capaci di fare alleanza tra affetti profondi e legami forti. Il soggetto adulto “finale”, allora, non sarà quello autorealizzato (in proprio) e autoreferente; ma sarà quello che sarà capace di resistere e di fare tenuta, nella concretezza della vita, perché cosciente delle difficoltà e della fatica nel mantenere saldi i profondi affetti che vivono solo in forti legami.

 

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