Elianto BLOG

Incontri, scenari ed educazione militante

     

Elianto-blog-logoQualche anno fa, quando nacque Elianto, l’intento era quello di muoversi nell’ambito socio-culturale-educativo. Ben consci che questo non potesse bastare a sé stesso e a noi stessi nel rifiuto dello stato di cose presenti, sapevamo che per essere efficaci nella lotta contro questo modello di società basato sulla logica del profitto, sulla precarietà dell’esistenza e sullo sfruttamento di persone e ambiente, avremmo avuto bisogno (anche per sfuggire ad un paralizzante senso di inadeguatezza di fronte alla sfida) di ridare forza all’idea di Politica e di militanza politica.
Questo tramite un’organizzazione e prospettiva dichiaratamente e radicalmente anticapitaliste, di cui a livello nazionale ci sentiamo ancora oggi orfani (seppur qualcosa si muove!!) e che a livello locale abbiamo tentato di dare forma con Officine di Resistenza.

Oggi, l’idea del blog di Elianto, nasce con l’intento di legare con un “filo rosso” la nostra militanza politica con quella più specificamente pedagogica, nasce per aprirsi e aprirci a chi voglia accompagnare i propri percorsi personali ad un altro “spazio” ed un altro “tempo” di tipo collettivo, caratterizzato dalla riflessione e dalla partecipazione alla vita educativa e culturale della nostra città.
Nasce per provare ad indagare e a “praticare” in maniera radicale quel nesso tra educazione e politica per noi (e non solo per noi) decisivo per la costruzione di un’altra società, basata sulla cooperazione e sull’uguaglianza.
Un blog quindi che non vuole essere un misero, fuorviante e narcisistico esercizio di “creatività” letteraria: non siamo scrittori, siamo educatori, e quindi adulti responsabili di una visione del mondo da far vivere nelle nostre esperienze quotidiane. Il blog diventa un ulteriore strumento della nostra pedagogia politica e sociale. Tenteremo di volta in volta di affrontare e approfondire nello stile di una ricerca comunitaria temi educativi (Beni Comuni, il Potere, il Conflitto, gli Spazi…) che in maniera naturale e per noi funzionale si intrecciano nel dibattito politico, culturale e sociale.

Per cercare di ovviare al problema che il blog diventi un’attività autoreferenziale, e quindi ai nostri occhi assolutamente inutile nella lotta contro il sistema dominante, e per far sì che le nostre riflessioni incrocino quelle di altri, vorremmo delineare un modello di pedagogia popolare che permetta a chiunque si voglia “immischiare” nella faccenda di prendere parte al momento della scrittura, ma non solo. Infatti da operatori educativi, sappiamo che il semplice scambio di idee non produce da solo cambiamento, ma sappiamo che è la sintesi di queste con le relazioni, con l’incontro di corpi, di emozioni e stati d’animo a realizzare la possibilità della Rivoluzione.
Pensiamo che questa alchimia si possa manifestare in incontri che denomineremo Caffè Pedagogici, in cui cercheremo di realizzare quella che Wu Ming 1 definisce “l’arte dell’incontro”, dove questo “è fecondo, generativo, fondativo; produce cooperazione sociale, convivialità, affinità tra diversi. L’incontro introduce una discontinuità, spezza una o più serie ripetitive di azioni, discorsi sempre uguali, stanche consuetudini personali e collettive, pulisce il carburatore della vita quotidiana e riavvia il motore, fa iniziare un nuovo ciclo.”.
Questo ci porta a considerare gli ambienti, gli spazi (sia fisici che culturali) come i primi educatori dell’uomo, ma questi come sappiamo, non rimangono mai uguali nel tempo,anzi vengono rinnovati continuamente proprio dall’azione dell’uomo stesso. Il rapporto dialettico con gli spazi, va proprio a sollecitare in maniera urgente il nostro bisogno di “attraversarci” e di “contaminarci” tra adulti, in un’ottica dove gli stessi educatori debbano essere (auto)educati.

L’idea del blog collegata ai Caffè Pedagogici, vorrebbe privilegiare quindi un approccio “dal basso”, già sperimentato in questi anni con la Formazione Popolare, che ci pare il più coerente e incline alla nostra ideologia e alla nostra proposta pedagogica. Inoltre questa scelta prende atto di quanto il nostro lavoro in contesti istituzionali abbia fatto fatica ad incidere, nonostante ciò i nostri impegni in questi ambiti continueranno con entusiasmo e forza dove già presenti e dove potranno crearsi nuove fertili occasioni su una base condivisa di senso e di impegno.
L’esigenza del capitalismo di mettere a profitto ogni aspetto della vita, ne realizza la sua ideologia in tutto. Questo avviene perché questo sistema economico ha uniformato le nostre coscienze e le nostre abitudini culturali. L’educazione attualmente si presenta come neutra, assistenzialistica, compassionevole, caritatevole, insomma assolutamente integrata al capitalismo, mai conflittuale, militante e rivoluzionaria. Inoltre le politiche sociali in genere, in questa fase di crisi sono soggette ad un attacco senza precedenti, prova ne siano i continui tagli pubblici con buona sorte di cooperative e imprese private (che di sociale oramai hanno solo il nome) che sfruttano queste dismissioni per potersi inserire in questa fetta di mercato facendone così fonte di guadagno, privatizzando aspetti fondanti di ogni vita, tra queste l’educazione appunto. Indicando con questa non solo quella scolastica, ma soprattutto quella sociale.

Noi crediamo in un’ “…Educazione che leghi, che costruisca persone e collettivi che fanno sistema dal “basso”, unendo chi studia, opera e lavora nell’ambito sociale e chi uomo o donna si fa portatore di domande universali, di diritti e bisogni rinnovati negli obiettivi di fondo…”. Se andiamo a fondo di questa citazione, vediamo non solo una prima declinazione di contenuti, ma si inizia a delineare un percorso, un’ulteriore ricerca di un modello di politiche giovanili e di educazione che dal blog al caffè pedagogico porti ad un Presidio Educativo.


Cos’è il bene comune? L’educazione è un bene comune? Possono gli studi, le riflessioni e le lotte sui beni comuni essere prese a modello per una nuova metodologia di riappropriazione sociale dei temi della vita?
Se pensiamo che almeno queste domande possano essere fertili per un ragionamento alternativo alla logica del mercato e alla delega statale, anche e soprattutto sul tema educazione, la proposta del Presidio Educativo potrebbe essere l’inizio di un percorso di partecipazione. Il Presidio si configurerebbe come incontro tra chi di educazione ci vive (educatori, insegnanti, operatori sociali…) e chi sull’educazione si pone domande (genitori e adulti in genere, senza dimenticarci dei ragazzi e delle ragazze) e come sintesi per “praticare l’obiettivo” come scrisse Pino Ferraris. Con questa frase il compianto sociologo e politologo non intendeva un vago ricorso a parole, principi e diritti su questo o quel tema, ma indicava una via di partecipazione e conflitto per riappropriarci di quello di cui Stato e Mercato ci stanno privando (in questo caso, di un’educazione sociale popolare e Pubblica).

Presidio Educativo quindi come autorganizzazione comunitaria, che non si limita a trovare soluzioni “creative” e fondi per il tempo libero e arginare il disagio dei giovani (temi che vanno per la maggiore), ma che affronta alla radice la questione educativa, che pensiamo senza presunzione sia cosa diversa da una visione da un lato securtaria dell’adolescenza e da un lato vista come un immenso luna park (a pagamento si intende!) destinato alla crescita dei giovani.
Se così non fosse, si rischierebbe nuovamente di cadere nella privatizzazione del tema politiche giovanili, a cui un gruppo seppur volenteroso di adulti mette mano risolvendolo in proprio. 
Presidio Educativo quindi come pressione politica dal “basso” e nei confronti delle istituzioni perchè il dibattito pedagogico torni non solo alla ribalta,ma diventi Pubblico, quindi non solo un ambito da gestire con vari servizi da erogare o no alla popolazione.

Presidio Educativo quindi come Bene Comune?